Shakis

Shakis

Scheda: Shakis


- Epiteti: no

- Specie: Tiefling (primevo); ascendenza: tanar'ri

- Archetipo: no

- Genere: Maschile

- Età: 21 anni

- Classe: Ladro

- Divinità o entità venerata: no

- Allineamento: Caotico Neutrale

- Fazione o Setta e grado: no

- Luogo d'origine: Presumibilmente Piano Materiale

- Luogo di residenza: Sigil

- Linguaggi: no

- Alleati: no

- Nemici: no

- Segni particolari: no


Descrizione

shakis.jpg

Tiefling di corporatura media, ma agile e scattante. I tratti demoniaci sono immediatamente evidenti nella pelle dal colore innaturalmente pallido; negli occhi, rossi come tizzoni ardenti e che spesso lasciano trasparire guizzi maligni; e nelle corte corna ricurve, parzialmente coperte da capelli rossi al pari degli occhi.

Diversi tatuaggi coprono il corpo ed il volto del tiefling: motivi spigolosi, più simili a marchiature che a disegni, si alternano con altre figure dai tratti più morbidi. Nessun tatuaggio, tuttavia, lascia intravedere una forma riconoscibile.

Storia

.

«A morte!»

La folla ormai inferocita lo stava inseguendo di corsa per tutta la campagna, attraverso la terra arata di fresco dagli stessi contadini che ora la pestavano e rigiravano per trovarlo.

«Prendete quel diavolo!»

Viveva lì da anni ormai.
Lì sul piano materiale: in realtà ogni pochi mesi, quando l'aria cominciava ad essere un po' troppo tesa e i volti un po' troppo ostili, tagliava la corda e si spostava di villaggio in villaggio, di paese in città. L'importante era che non lo riconoscessero o non gli dedicassero troppa attenzione.

Un cappuccio in testa giorno e notte desta sospetto, trovarci un paio di piccole corna ricurve sotto, sorpresa. Quando poi lo sguardo scorre sul volto dal colorito innaturale, notando gli stretti occhi rossi e un ghigno inquietante, la sorpresa diventa timore.

E gli storditi ci mettono poco a far due più due, ottenendo cinque e dando la colpa a chi non c'entra nulla.

O quasi.

«Bruciate quel demonio!»

Sì, forse quella volta era andato un po' troppo oltre. Ci ripensava, ridendo malevolo e soddisfatto saltando steccati e muretti, infilandosi in qualche pagliaio per sbucarne poco dopo o spaventando il bestiame per poi lasciarlo correre contro la folla. Ogni metodo era buono per rallentare gli assalitori. Come per ogni altra cosa, l'importante era guadagnarci: anche solo la soddisfazione personale di aver visto lo stordito di turno arrovellarsi il cervello per sistemare una situazione scomoda.

«Ammazzatelo!»

Quanta focosa violenza!

E solo per una scommessa andata male al riccone del villaggio. Certo, la scommessa includeva sua figlia, e sì, forse i dadi erano un po' imperfetti. Figurarsi se erano bilanciati. Non è che se ne fossero accorti, ma dopo aver vinto vitto e alloggio per ormai tre settimane, favori e cortesie di ogni tipo, si era creato un certo nome.

Una freccia si piantò su un tronco a qualche passo da lui. Si stavano scocciando, ma era quasi arrivato. Ancora un centinaio di passi alla casa di Beilon. Si diceva che avesse delle pergamene per viaggiare sui piani. Sciocchezze sicuramente, ma contava di poter spaventare abbastanza la folla per non farsi seguire fin dentro la tenuta.

«Ficcheremo la sua testa su una picca!»

In pochi momenti, le unghie più simili ad artigli lo portarono oltre il muro di cinta: era entrato. Beilon non era famoso per la prudenza, ma niente e nessuno infastidì il tiefling mentre si intrufolava nello scantinato dove sapeva di poter trovare anche il laboratorio del mago.

Era solo una fuga sì, ma perchè perdere tempo e l'occasione di un bottino così ghiotto? Le pergamene e le pietruzze dei maghi sono leggere e facili da nascondere. E chissà che non potesse trovare qualcosa per far fessa di nuovo quell'orda di cui si sentivano le voci spaventate, lontane oltre il muro e ovattate dalle poche porte che aveva già superato. O — meglio ancora — un modo per estorcere qualcosa al vecchio pazzo.

Tutte ottime ragioni per rovistare tra gli scaffali pieni di rotoli, alambicchi e altri oggetti irriconoscibili. Teneva sempre un occhio di riguardo per quegli oggetti che sembravano avere a che fare con demoni, abissi e cose simili. Solitamente avevano forme contorte o paurose, punte e iscrizioni che risultavano stranamente familiari. Forse davvero era figlio di qualche demonio, come gli diceva — anzi urlava contro — suo padre. Sua madre, d'altra parte, non aveva mai ribattuto a queste accuse come a nient'altro, anche dato che era muta. Erano… erano anni e anni che non la vedeva, ormai. Non aveva avuto il tempo di spiegarle perchè era dovuto fuggire dal paese dove aveva vissuto con loro, e nemmeno ne avrebbe avuto la voglia.

Mentre pensava a questo, scartò parecchi oggetti, finchè la sua attenzione fu catturata da uno che sembrava divertente. Ne aveva già messi molti da parte, senza badare troppo a cosa fossero o a cosa servissero. Questo, però, era particolare: girò qualche ruota qui, tirò qualche cordicella lì, mosse un paio di interruttori.

«Pazzo di un mago, perchè non chiude le porte a chiave invece di riempirsi casa di sigilli e ammenicoli come questo?»

Buttò l'aggeggio dietro di sè, dopo averlo scrutato — gli sembrava di aver visto un bagliore — per poi tornare a rovistare nello scaffale, che curiosamente non riusciva a ritrovare. Nemmeno la libreria, o la colonna accanto a sè. Anche il pavimento era diverso.

Qualche occhiata furtiva in giro e si rese conto di non essere più nello stesso posto. Non sentiva nemmeno più le voci della folla, ma un chiassoso vociare e la musica di un bardo. Era in una locanda mai vista prima. L'oggetto misterioso era scomparso.

«Per le orecchie finte di Ehlonna, dove diavolo sono?»

.


Aggiornamenti


© 2025. Parte dei contenuti sono coperti dalla FCP della Wizards of The Coast e in alcuni casi dalla OGL 1.0a; per il resto il contenuto è sotto la CCA-ShareAlike 3.0 License. Vedi INFO LEGALI.