Dharma

Dharma


Il Brahman è certamente il pilastro portante del Pantheon Vedico, ma non è il solo; c'è un'altra nozione fondamentale relativa a queste divinità: quella di Dharma. Questo termine cruciale possiede molteplici valenze semantiche. Racchiude essenzialmente l'idea della legge universale e del suo potere.

Ṛta e Dharma

Anticamente, il termine Ṛta era molto più usato rispetto a Dharma ma, nel corso del tempo, è stato sostituito. Usualmente i termini Ṛta e Dharma sono considerati sinonimi, ma fra di essi sussiste una sottile ma sostanziale differenza: mentre Ṛta è una legge impersonale, Dharma caratterizza quelle azioni personali che generano o mantengono l'ordine cosmico.

Natura del Dharma

O guardiani dell'ordine cosmico (Ṛta), o Dei le cui leggi (Dharma) sono sempre realizzate, voi salite sul vasto carro del cielo più alto; a chi, Mitra e Varuṇa, mostrate il vostro favore, la pioggia del cielo dona abbondanza di miele.1

Voi Mitra e Varuṇa, o Dei sapienti, grazie alla forza misteriosa degli asura custodite secondo la vostra Legge le norme cerimoniali (vrata) che sostengono l'intero mondo (Dharma) secondo l'ordine cosmico (Ṛta), voi avete collocato il sole nel cielo, questo carro brillante.2

Il Dharma è saldo e perenne perché è la verità metafisica. Principio che governa il mondo, è l'armonia segreta del fluire della natura. I veggenti in meditazione hanno compreso le sue leggi e le hanno trasmesse. La conoscenza del Dharma spetta al sacerdote, la sua difesa al sovrano. Ma la forza dei suoi comandi è bella e le sue leggi sono benefiche, perché è il bene che garantisce la continuità del mondo. Saldo fondamento del multiverso, il Dharma si riflette nelle norme che indicano i comportamenti sociali giusti ed è ogni volta rinnovato nei riti. Disattendere il Dharma significa fare il male, ingenerare disordine e falsità. In ultima analisi, dunque, il termine Dharma assurge a significato di ciò che è coerente con l'ordine del multiverso, quindi di "verità" e di "giustizia".

Nello svolgersi del tempo, da un iniziale fulgore di sapienza, di rettitudine, di pace, a gradi la conoscenza del Dharma declina fra i mortali, lasciando il passo all'incalzare dell'Adharma, il suo opposto, nefasta potenza di instabilità e di caos. Proprio per salvare il Dharma, Vishnu si manifesta periodicamente sotto forma di avatar e ne rivela di nuovo il senso profondo, andato perduto.

Il Dharma, il Brahman e la Cadenza

Il Dharma non è solo il criterio dei mortali e degli dei: anche il Brahman stesso opera la sua infinita generazione del multiverso attraverso questa legge. In ciò è possibile ritrovare una significativa consonanza con le credenze dell'Ordine Trascendente: i suoi membri non si pronunciano riguardo a una causa ultima che trascenda e produca il multiverso; nonostante ciò, la loro filosofia è basata sulla percezione della Cadenza, ossia di un ritmo, di una regolarità che pervade il flusso delle cose.

Sono da segnalare anche le profonde differenze che distanziano il Dharma e la Cadenza. Mentre, per cogliere quest'ultima, è d'obbligo la spontaneità, i mortali hanno bisogno di una periodica rivelazione e di una perpetua osservanza per apprendere e applicare il Dharma.

Il Dharma e gli Assiomi del Multiverso

Poiché il Dharma è la Legge che regola il multiverso, viene spontaneo chiedersi quale rapporto esso intrattenga con quelli che i saggi riconoscono come i principi che regolano i Piani.

La Regola dei Tre

Le triadi

Nonostante la storia del Pantheon Vedico risalga a tempi antichissimi, fra queste divinità la Regola dei Tre non sembra essere mai stata tradita. Benché l'adorazione dei mortali abbia premiato, di volta in volta, divinità diverse, infatti, il Pantheon Vedico è sempre stato profondamente caratterizzato dalla presenza di triadi di divinità, sia pur con funzioni e caratteristiche diverse. Non solo: benché nel corso del tempo si siano formate quattro triadi, solo tre sono tuttora presenti ed affermate

  • La prima triade fu per certi versi la più fragile e si costituì quando ancora il pantheon era giovane[4]: essa era composta dal regale Varuna e da Mitra, suo gemello. Assieme a loro vi era il dio guerriero Indra [2]. Tutti e tre detenevano il ruolo formale di sovrani, cosa mai più ripetutasi nel caso delle altre triadi. Mentre Varuna e Mitra sono potenze spiccatamente legali, tuttavia, Indra è sempre stato un dio potente ma caotico ed impulsivo. Per questa ragione, vi sono da sempre stati frequenti dissidi fra Indra e gli altri due. Il trio era però sanzionato dall'adorazione dei fedeli, i quali necessitavano tanto di una legge salda quanto di forza guerriera[2]. In un tempo successivo, tuttavia, la triade si sfaldò poiché le esigenze dei mortali mutarono. Varuna divenne dio delle acque e Mitra si associò a Surya su Celestia. Indra mantenne invece il proprio titolo ed un posto preponderante nel pantheon, anche se risentì a sua volta del cambiamento dato dalla fede dei mortali. Dato che nella formazione di questa prima triade i mortali ebbero un ruolo tanto spiccato, vale la pena di menzionare il dio grazie a cui Mitra, Varuna ed Indra comunicavano con i loro fedeli: si trattava di Agni, il dio del fuoco [2], che avrebbe assunto presto maggiore importanza. Alcuni vedono questa credenza relativa ad Agni come un momento di transizione verso la seconda triade[4].
  • La seconda triade, infatti è incentrata sul fuoco; i tre dei che la compongono — rispettivamente Agni, Surya, dio del sole e Vayu, dio del vento — ne rappresentano gli aspetti. Proprio la sfera di influenza delle tre divinità sancisce la triade che esse compongono; in particolare, Agni rappresenta il fuoco terreno, Vayu quello atmosferico e Surya quello celeste [1]. Anche in questo caso, tuttavia, la fede nei mortali ha giocato e continua a giocare un ruolo fondamentale nel mantenimento di questa triade, tuttora presente [4].
  • La terza triade è quella formata dai Tre Dei del Caos, rispettivamente Indra, Agni e Vayu: queste potenze ricoprono, con i loro allineamenti, l'intera gamma del Caos e condividono il medesimo reame — chiamato Swarga — nel Limbo [3]. Anche se incentrata sul Caos, questa triade sembra, paradossalmente, più solida della prima poiché la sua formazione non è stata guidata dalle esigenze mortali ma dalla stessa natura delle tre divinità che la compongono [4].
  • L'ultima triade, anche detta Trimurti, è certamente la più famosa. Essa simboleggia le tre tendenze del cosmo. Ecco cosa sostengono a suo riguardo i più saggi vegliardi seguaci del Pantheon Vedico [1]:
    • L'azione centripeta, che crea la coesione, è chiamata sattva (esistenza), poiché l'esistenza è una concentrazione di energia, un'unione, una forza di agglomerazione. Sul piano mentale, la forza di coesione appare come la tendenza che crea la luce, l'unità. Tale tendenza, che lega insieme gli elementi costitutivi del mondo, è l'energia preservatrice raffigurata e personificata da Vishnu. Per questa ragione, questo dio è detto Immanente o Preservatore del Multiverso.
    • L'azione centrifuga, denominata tamas, parola che significa oscurità o inerzia, è la forza che cerca di impedire la concentrazione. È oscurità perché la dispersione porta alla notte, proprio come la concentrazioone crea la luce. Tamas, la tendenza centrifuga, la tendenza alla dissoluzione, all'annichilimento di ogni tendenza individuale e coesiva, può essere presa come simbolo della disintegrazione finale di tutto nel non-essere. Rappresenta quindi la liberazione da tutto ciò che lega, che è individuale e limitato. Questa tendenza che cerca sempre di dissociare, disperdere il multiverso è personificata da Shiva, il Signore del Sonno. Egli incarna l'oscurità nell'abisso nel quale ogni attività si dissolve alla fine dei tempi.
    • L'equilibrio di sattva e tamas, di centripeto e centrifugo, di coesione e dispersione, luce e oscurità, fa nascere la terza tendenza, quella di orbitazione, rajas, che è l'origine dell'attività, della molteplicità. Tale risultante è la sorgente delle orme del multiverso manifesto, che variano all'infinito. Da rajas, la tendenza orbitante, proviene ogni movimento, ogni divisione ritmica del continuum di spazio e di tempo e ogni attività mentale (che null'altro è se non la divisione ritmica del continuum della coscienza). Questa terza tendenza rapprensenta il processo tramite cui la creazione, nella sua infinita varietà, appare nel pensiero divino. Essa è personificata in Brahma, il Creatore, l'Essere Immenso che costruisce il cosmo. Brahma è la sorgente dei ritmi e delle forme, è il pensiero da cui deriva il multiverso.
NOTA

La Trimurti composta da Vishnu, Shiva e Brahma è tuttora quella maggiormente in auge e ognuno dei tre dei conserva la propria funzione. La loro elevata posizione all'interno del pantheon, naturalmente, corrisponde a quella all'interno della mente dei fedeli, fatta eccezione per Brahma. ll mito racconta che, a causa di un grave atto di superbia compiuto contro Shiva, Brahma sia stato maledetto da quest'ultimo, che lo ha condannato a non avere fedeli mortali. Ciò, tuttavia, è stato fatto in ottemperanza al Dharma, pertanto da questo atto non è derivata alcuna ostilità fra le due divinità. Nella fede dei seguaci del Pantheon, la posizione prominente un tempo assegnata a Brahma è stata ora presa dalla Dea.

Altri richiami alla Regola dei Tre

Oltre che nelle triadi divine che hanno governato o presiedono il pantheon, la Regola dei Tre si manifesta, in modo forse meno plateale, in almeno altri due aspetti:

Kalpa, Samsara e Karman: la Continuità degli Anelli

L'idea di ciclicità delle cose è centrale presso i seguaci e i membri di questo pantheon. Essa si declina principalmente in due concezioni: quella di Kalpa e quella di Saṃsāra.

Kalpa

Presso i seguaci del pantheon vedico, i termini kalpa e giorno di Brahma indicano un ciclo cosmico, ossia un lungo periodo di tempo — corrispondente a 4,32 miliardi di anni umani — durante il quale si compiono i processi di emanazione, durata e riassorbimento del multiverso, con distruzioni parziali (pralaya) o totali (mahapralaya). Alla fine di ogni giorno di Brahma (kalpa) sovviene una notte di Brahma, della stessa durata del giorno (1 kalpa), durante la quale avviene una parziale distruzione del mondo (pralaya) per opera del fuoco, dell'acqua o del vento.

Il kalpa è a sua volta diviso in altre ere che si susseguono e ripetono ciclicamente a loro volta: nello specifico, un kalpa equivale a mille mahāyuga, l'insieme dei quattro yuga (ere o periodi) comprese le "albe" e i "crepuscoli" intermedi (sandhi). Ogni kalpa è poi diviso in 14 "periodi di Manu" (manvantara o manuvantara), ognuno dei quali dura 306.720.000 anni.

Come detto, due kalpa costituiscono un giorno e una notte di Brahma. Un "mese di Brahma" conterrebbe 30 di questi giorni e notti, 259,2 miliardi di anni umani. 12 mesi di Brahma (da 360 giorni e notti di Brahma) costituiscono un anno di Brahma o anno divino e 100 anni di Brahma costituiscono un ciclo di vita del multiverso o vita di Brahma, chiamato mahākalpa ("grande kalpa"). Dopo ogni mahākalpa, Brahma muore e avviene una distruzione totale del multiverso (mahapralaya), che dura quanto è durata la vita di Brahma: 100 anni di Brahma. Dopo tale periodo, Brahma rinasce e si ripete nuovamente il ciclo.

Samsara

Il termine Saṃsāra (devanāgarī संसार, "scorrere insieme") indica invece la dottrina inerente al ciclo di vita, morte e rinascita. È talora raffigurato come una ruota. Il motore di questo ciclo è riconosciuto nel karman (azione3 ). Secondo la dottrina del karman, qualsiasi azione, e qualsiasi volizione, generano come effetto l'accumulo di karman, che va considerato alla stregua di un bagaglio gravato da tutto ciò che una persona ha compiuto, tanto nel bene quanto nel male. Ciò comporta che, alla morte, l'elemento individuale sia costretto a rinascere nuovamente, nella forma a cui le sue azioni lo avranno condotto. Nella nuova esistenza l'individuo si troverà in una condizione migliore o peggiore della precedente a seconda della qualità morale del karman accumulato. Agendo in modo corretto, il nuovo individuo si guadagnerà la possibilità di ottenere una rinascita migliore; in caso contrario, rinascerà in una condizione peggiore. Il fine ultimo è naturalmente estinguere il proprio debito karmico fino a raggiungere il Mokṣa, la liberazione, ovvero la definitiva uscita dal Saṃsāra.

Jñāna e Mukti o Mokṣa : il Centro delle Cose

Mukti o Mokṣa

Secondo i seguaci del pantheon, si rimane quindi prigionieri nel Saṃsāra per un numero indefinito di volte, fino al totale esaurimento del proprio bagaglio karmico. Una volta conseguito questo obiettivo, si consegue la liberazione definitiva (Mukti o Mokṣa: il termine sanscrito significa, letteralmente, scioglimento). Le vie (mārga) che possono essere seguite per giungere a tale obiettivo sono in buona sostanza tre:

  • La via del sacrificio rituale (karma-mārga);
  • La via della gnosi (jñāna-mārga)
  • La via della dedizione amorosa a un dio (bhakti-mārga).

Il Mokṣa è di norma descritto come una sorta di condizione indistinta (ossia uno stato del quale non è possibile dare una definizione positiva) ove non si prova più né gioia né dolore. Gran parte delle correnti devozionali, che seguono la corrente religiosa della devozione (bhakti), identifica invece la liberazione come l'immergersi per sempre nella perfetta e beata unione con l'amato dio.

Dato che il conseguimento dello scioglimento dipende essenzialmente dai singoli individui, esso fa di ogni seguace di questo obiettivo il centro — ossia il punto più importante, il decisivo punto di svolta — dell'intera esistenza. Raggiungere il Mokṣa, inoltre, permette di superare la relatività delle infinite forme manifeste, che vengono riconosciute dal praticante come mere formazioni della coscienza; la mente, dunque, diventa il fattore che produce — o che consente — il manifestarsi del mondo e acquista quindi una posizione di anteriorità e centralità rispetto ad esso. Come si vede, questa convinzione coincide con quella dei Segnati, con un'importante differenza: mentre gli appartenenti a questa Fazione considerano reali le cose che ritengono prodotte dalla loro mente, i seguaci del Pantheon Vedico attribuiscono invece al multiverso un carattere illusorio, cercando di liberarsene, in modo simile a quanto tentato dai Cinerei.

Jñāna

Secondo i seguaci del pantheon, ionoltre, ogni conoscenza (jñāna) del mondo esterno riflette la struttura dell'individualità che la percepisce. Le forze e gli aspetti del mondo cosmico sono concepiti dalle varie creature dei piani esclusivamente in base alle forme del proprio essere interiore. Le energie che reggono il multiverso appaiono dunque come le facoltà di un Essere Cosmico avente i suoi equivalenti nella struttura dell'essere individuale. Tale concezione del multiverso è chiamata dai seguaci del pantheon approccio individuale (adhiatmika). Ci si soffermerà ancora su questa concezione più avanti.

Maschile e femminile: la Regola degli Opposti

L'equilibrio tra maschile e femminile è il cuore della mitologia relativa a questo pantheon. Come detto, infatti, tutte le divinità vediche hanno controparti di sesso opposto. L'aspetto femminile del divino incarna la misericordia e lo spirito di devozione, mentre quello maschile rappresenta il flusso esterno di potere e protezione. Un'altra concezione, che non esclude la precedente, vede nel maschile l'aspetto trascendente, volitivo e pianificatore e nel femminile quello immanente, attuativo e inconscio. Senza il dio, la dea è cieca; senza la dea, il dio è impotente. L'unione di maschile e femminile come fonte creativa dell'energia della vita è simboleggiata dall'immagine del lingam di Shiva circondato dalla yoni della Dea. Questa immagine è riconosciuta e rispettata da tutti i seguaci del pantheon, ed è venerata nei templi di Shiva.

Vedi anche: Principi (o regole) dei Piani

Analogie con altri pantheon: Dharma e Maat

Come si è visto, il Dharma è una delle nozioni preliminari che permettono di inquadrare correttamente il Pantheon Vedico, ancor prima di iniziare ad analizzarne i componenti (l'altra nozione fondante è quella di Brahman). Come si è argomentato, essa presenta alcune somiglianze con gli ideali più importanti di acune Fazioni.

Ma nel vasto ambito delle religioni, tale concetto è proprio unicamente del Pantheon Vedico o si può ritrovare qualche assonanza con esso presso altri gruppi di divinità? Dopotutto, il Pantheon Vedico è molto antico e potrebbe aver influenzato (o essere stato influenzato da) altri poteri.

Secondo il parere di molte barbegrigie, in effetti, sussistono forti parallelismi fra questo pilastro concettuale del Pantheon Vedico e l'idea — analogamente fondante per il Pantheon Egizio — di Maat.

Presso gli Egizi, infatti, Maat rappresenta l'Ordine Cosmico, in maniera simile al concetto di Dharma presso il Pantheon Vedico. Al pari del Dharma, inoltre, il Maat possiede una dimensione tanto cosmica e divina quanto creaturale e sociale.


Bibliografia
1. Alain Daniélou Miti e dei dell'India – I mille volti del pantheon induista, BUR Saggi, 2002
2. Giovanni Filoramo, Marcello Massenzio, Massimo Raveri, Paolo Scarpi Manuale di storia delle religioni, Manuali Laterza, 1998
3. Colin McComb, Robh Ruppel On Hallowed Ground, TSR, Inc., Ottobre 1996; le medesime informazioni sono riportate anche alla pagina Divinità Vediche su sigilonline.altervista.org - vedi la pagina
4. Contributi di approfondimento da parte dello staff di Planescape.it (raccordi e parallelismi fra la mitologia e la filosofia indiane e l'ambientazione di Planescape)
5. Tratto dalla pagina "Brahman" su it.wikipedia.org - vedi la pagina
6. Tratto dalla pagina "Dharma" su it.wikipedia.org - vedi la pagina
7. Tratto dalla pagina "Saṃsāra" su it.wikipedia.org - vedi la pagina
8. Tratto dalla pagina "Mokṣa" su it.wikipedia.org - vedi la pagina
9. Tratto dalla pagina "Kalpa" su it.wikipedia.org - vedi la pagina
10. Tratto dalla pagina "Religione egizia" su it.wikipedia.org - vedi la pagina
11. Tratto dalla pagina "Maat" su it.wikipedia.org - vedi la pagina

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